MISSIONE INTERPLAST ITALY 2008 (Kampala/Nkokonjeru, Uganda)

La missione Interplast Uganda 2008 organizzata e diretta da Daniele Gandini, iniziata il 27/6 si è conclusa il 13/7/2008; la missione di Interplast Italy si è svolta per la prima settimana presso il Mulago Hospital di Kampala, un grande ospedale statale, adiacente alla Makerere University, una delle piu grandi università africane.

Il Mulago Hospital fu inaugurato nell'ottobre del 1962 dalla Duchessa del Kent. E' un enorme ospedale da quasi duemila letti: purtroppo il sostegno economico statale che riceve è assolutamente insufficiente alle sue necessità. Al Mulago hospital operammo 53 pazienti. Nell'ospedale era stata lasciata libera una sala operatoria a disposizione solo del team interplast ed il personale medico e paramedico ugandese ha collaborato attivamente con i sanitari italiani per tutta la missione. Il piccolissimo reparto di chirurgia plastica già esistente, con sei posti letto, venne da noi "forzato" con decine di ricoverati tutti insieme, come spesso avviene da quelle parti, grazie anche alla grandissima adattabilità degli africani e alle loro abitudini. Ai bambini davamo ovviamente dei bei lettini con bei lenzuolini bianchi ma loro preferivano invece dormire in terra, sotto al letto, dove erano abituati a stare nel loro villaggio... (vedi photogallery uganda 2008).

La seconda settimana di missione la facemmo invece presso il Nkokonjeru Hospital, piccolo ospedale di una missione fondata 100 anni fa da suore missionarie irlandesi (Sisters of St. Francis) nel distretto di Mukono, a due ore da Kampala, ma già nella foresta, a soli 30 km da una delle sorgenti del fiume Nilo, e cioè il ramo del fiume emissario del grande lago Vittoria. Un obelisco segna il punto dove, secondo gli ugandesi, inizia "ufficialmente" il grande fiume che dopo aver ricevuto affluenti da varie altre sorgenti, e dopo 6500 km, finisce in Egitto, nel mediterraneo.

A Nkokonjeru sono stati operati in 4 giorni di lavoro, altri 18 pazienti affetti prevalentemente da gravi esiti di ustioni (da fuoco e da acido), che impedivano loro di muoversi o di nutrirsi, da labiopalatoschisi (labbro leporino) e malformazioni congenite varie (mano, piede, viso). Il totale degli interventi chirurgici eseguiti in Uganda è stato infine di 71 casi, in prevalenza bambini, molti anche di pochi mesi di età.

In questa seconda settimana di lavoro nel piccolo ospedale, le condizioni di lavoro sono state molto più disagiate ed è stato fondamentale ll grande quantitativo di farmaci, materiali di consumo e apparecchiature chirurgiche ed anestesiologiche portate da Interplast (in parte poi lasciato in donazione), basti pensare che l'unica possibilità che lì avevano di eseguire gli interventi chirurgici (urgenze per gravi traumi o parti cesarei) era, fino a pochissimi anni prima, solo l'etere... e pochi ferri chirurgici essenziali senza nemmeno l'elettrobisturi per coagulare i vasi. La luce era spesso assente a causa di forti piogge (l'Uganda è il paese al mondo con maggior frequenza di temporali) e spesso si doveva operare con la poca corrente data da un pannello solare, sufficiente solo per la vecchia e piccola lampada scialitica di sala.

La piccola struttura dove lavoravamo era letteralmente in mezzo alla foresta, circondata solo da poche case, dalla chiesa e dalle scuole, il resto erano solo villaggi sparsi in mezzo alla giungla; noi abitavamo in una casa a piano terra, a 200 mt dall'ospedale; una sera, rientrando a casa, nella camera da letto di uno di noi trovammo un serpente velenoso di due metri, che solo per un miracolo non morse il collega che se lo trovò davanti (vedi photogallery). In Africa purtroppo gli incontri con rettili molto velenosi (cobra, black mamba e viperidi) sono abbastanza frequenti, spesso anche nei centri abitati nella stagione delle piogge, e bisogna fare veramente moltissima attenzione. Sia in Uganda che in Zambia ci sono capitati diversi casi di persone sopravvissute al morso di un serpente, ma con gli esiti delle estese necrosi tissutali a braccia e gambe, provocate dal veleno.

I partecipanti a questa missione umanitaria ugandese sono stati:

Daniele Gandini-Chirurgo Plastico, Surgeon Interplast Italy, Team Leader e organizzatore della Missione (Chirurgo Plastico, Pisa) 

Daniele Bollero-Chirurgo Plastico, Surgeon Interplast Italy (Chirurgo Plastico, Torino)

Edris Kalanzi-Chirurgo Plastico (Plastic Surgery Unit, Mulago Hospital, Kampala, Uganda)

Franco Garofalo-Pediatra (Primario Pediatria, Ospedale di Biella) 

Annamaria Ghirardini-Anestesista (U.O. Anestesia, Policlinico di Modena)

Beate Kuppers-Anestesista (Anestesia e Rianimazione, Ospedale Cisanello, Pisa)

Massimiliano Canta-Infermiere Caposala, responsabile materiali Interplast (dal 2014 Don Massimiliano Canta, Sacerdote, Torino)

Valentina Lancellotti-Strumentista (Chirurgia Generale e Trapianti, Cisanello, Pisa)

Loredana Silivestro-Strumentista (Chirurgia Plastica e Centro Ustioni, Torino) 

Carlo Orsi-Fotografo (Milano)

Il team di Interplast ha raggiunto l'Uganda dall'Italia con scalo ad Amsterdam ed è arrivato all'aereoporto di Entebbe dopo 9 ore di volo. Entebbe, ex capitale dell'Uganda e protettorato inglese fino al 1962 è tutt'ora sede dell'aereoporto internazionale della capitale Kampala. 

Questo aereoporto nel 1976 fu teatro di un famoso dirottamento di un aereo francese partito da Tel Aviv, ad opera di terroristi palestinesi e tedeschi. L'aereo, diretto a Parigi, dopo scalo ad Atene venne dirottato prima in Libia e poi a Entebbe. I terroristi, barricatisi nel vecchio terminal dell'aereoporto ugandese, rilasciarono dopo qualche giorno parte dei passeggeri "separando" e trattenendo però 100 cittadini israeliani, uomini, donne e bambini, che minacciavano di uccidere di lì a poco, uno per volta, se Israele non avesse liberato e, costretto altri stati, a liberare 53 terroristi arrestati.  

Forze speciali israeliane organizzarono e pianificarono in pochi giorni un intervento militare, senza avvertire nessun paese alleato, partendo da Israele, a 4000 km di distanza, e atterrando a Entebbe di notte senza luci con 4 aerei con militari mezzi, senza farsi riconoscere dalla torre di controllo ugandese, e liberarono i 100 ostaggi, loro connazionali uccidendo in pochi minuti tutti i terroristi e mettendo fuori uso il contrattacco aereo ugandese, a quei tempi sotto il comando dello spietato dittatore Idi Amin Dada. Amin, non solo non si stava "opponendo" a quella azione terroristica, ma si fece anche portavoce dei terroristi stessi e li assecondò mettendo loro disposizione i suoi soldati. Una unica cittadina israeliana, Dora Bloch, che era stata ricoverata al Mulago Hospital di Kampala prima del blitz (l'ospedale dove abbiamo lavorato in questa missione), e che rimase perciò in Uganda, venne fatta "sparire", per rappresaglia, dallo stesso Idi Amin.

L'unica vittima tra le forze speciali israeliane fu il veterano Yoni Netanyahu che comandava la missione, fratello dell' attuale primo ministro di quel paese. Il ministro della difesa di quegli anni, che avallò l' operazione militare in Uganda era Shimon Peres. Questo fatto è narrato nei film "I leoni della guerra (link)" con Peter Finch e Charles Bronson (con il sottofondo di Hinei Ma Tov) e "La lunga notte di Entebbe".

Entebbe

Negli anni a seguire l'Uganda è stata teatro di sanguinose repressioni governative da parte di Idi Amin, e da successive guerre tribali con veri e propri genocidi (da vedere il film "l'ultimo re di Scozia" (The last King of Scotland, 2006, con Forest Whitaker) basato sulla storia del medico personale del dittatore Ugandese; il film dà una immagine realistica dell'Uganda di quegli anni).  Idi Amin aveva preso il potere nel 1971 con un colpo di stato militare contro il presidente Obote. Si dice che in questo venne addirittura aiutato dagli israeliani che poi, cinque anni dopo, ad Entebbe lo umiliarono.

last-king-scotland

Amin instaurò in Uganda un regime dittatoriale sanguinario, sadico e brutale, caratterizzato da una esasperata intolleranza verso le minoranze etniche che esitò in un vero e proprio sterminio di massa di tutti coloro che riteneva suoi avversari o oppositori (si stima circa 300 mila persone torturate e uccise in modo brutale). Molti dei nostri amici e colleghi ugandesi (medici e infermieri) ci raccontavano che ebbero anch'essi le proprie famiglie decimate da quel regime.

La follia di Idi Amin esordì poi con l'espulsione dal paese di tutti gli "asiatici", come li chiamava lui (circa 50mila tra indiani e pakistani) nel nome di una delirante "africanizzazione" dell'Uganda, mettendo in ginocchio l'economia e le infrastutture del paese perlopiù sostenute da quelle persone mandate via senza preavviso, insieme alle loro famiglie.

Il regime di Amin venne finalmente abbattuto nel 1979 grazie all'intervento militare della vicina Tanzania che lui stesso aveva tentato di "invadere" e che lo destituì definitivamente.

Idi Amin riuscì ad abbandonare il paese lasciandolo nel piu totale disastro socio economico da lui stesso provocato, rifugiandosi prima in Libia dal suo amico Gheddafi che lo aveva sempre aiutato e sostenuto e successivamente (cosa che quasi nessuno sa..), prima di morire in esilio nel 2003 in Arabia Saudita (sua ex sostenitrice e alleata), "soggiornò" anche in Zambia, a Lusaka, in un edificio del consolato ugandese che si trovava esattamente nella stessa via, Dunduza Chisidza Crescent, di fronte all' ospedale dove, proprio in quell'anno, abitavamo e lavoravamo. In Uganda seguì poi un periodo di caos politico dal quale il paese uscì solo negli anni 90 quando riuscì a darsi l'attuale assetto abbastanza moderno e democratico che tutt'ora ha.

Altre inedite verità su questa tragica pagina di storia africana si possono leggere nel libro "A state of blood" di Henry Kyemba (Fountain Publisher) che mi venne regalato in Uganda dalla mia equipe, alla fine di questa missione da me diretta.

L'ingente quantitativo di materiali e strumenti necessari ad operare in questa nostra bella missione ugandese (55 scatoloni) era già stato qualche giorno prima trasportato sul posto dalla Ceva Logistics di Milano, azienda leader nel settore della logistica a livello mondiale che ha aiutato i team di interplast in diverse missioni. Il nostro team ha avuto come suo collaboratore in Uganda il Dott Edris Kalanzi Wamala, Chirurgo Plastico locale specializzatosi in Italia, che ha provveduto alla ricerca ed alla selezione dei casi da operare ed ha poi lavorato con noi durante tutta la missione.

A Kampala, a fine missione, la nostra equipe è stata ricevuta dal Direttore Sanitario del Mulago Hospital, Dott Isaac Ezati e dall' Ambasciatore Italiano in Uganda Pietro Ballero che si sono congratulati con noi per il prezioso lavoro svolto in quel paese. Gli interventi sono andati tutti a buon fine e tutti i pazienti in lista di attesa sono stati operati. Come già in passato era stato fatto con lo Zambia (l'ex Rhodesia,) ci auguriamo che questa nuova importante collaborazione sanitaria tra Italia e Uganda nata grazie alla nostra Interplast Italy, possa proseguire anche in futuro, con la speranza di poter consentire a più persone possibili di essere sottoposte ad interventi ricostruttivi. La ottima riuscita della missione è stata anche oggetto di interesse della stampa locale con un articolo uscito sull' unico quotidiano del paese, il "The New Vision".

A seguire articolo sulla missione sul newsletter S. Anna News della Scuola Superiore S. Anna di Pisa:

 "Donne sfigurate, bambini malati. Uganda, un chirurgo plastico racconta" 

Articolo della Nazione-Quotidiano Nazionale sulla missione:

Il Gruppo guidato da Daniele Gandini in Ugsnda per operare i bambini malati

Articolo de Il Tirreno:

Angeli in camice bianco volano in Uganda (di Candida Virgone - Il Tirreno)